Sempre più politica dai cittadini e lo sbarco dei social network sui telefonini. Il futuro della Rete è dietro l’angolo. E siamo noi stessi.
Una delle buone regole acquisite nella gestione delle informazioni è cercare “il futuro” in ciò che sta accadendo, senza divinazioni. Ci sostiene una frase dello scrittore che ha lanciato la letteratura cyberpunk, Wiliam Gibson: «il futuro è già qui, è solo mal distribuito». Trattare di ciò che caratterizzerà il web nel 2008 comporta, infatti, andare a cogliere gli aspetti che sono già in divenire, interpretando i segnali già in atto. Prima di tutto quello che passa sotto lo slogan di web 2.0, ovvero il rilancio della Rete grazie alla partecipazione degli utenti. Sono proprio i cosiddetti user generated content (i contenuti generati dagli utenti) a fare la differenza, a sancire un dato semplice e scardinante allo stesso tempo: la rete siamo noi. È in questa dinamica partecipativa che è possibile vedere con ottimismo lo sviluppo tecnologico del web emancipandolo dalla mera logica tecnocratica del mercato, orientandolo verso la dimensione sociale. In questo senso è opportuno interpretare il fenomeno del social networking, su cui si sono orientati i maggiori investimenti come qualcosa su cui è possibile far accadere qualcosa che declini quel “social” in qualcosa di veramente sociale, orientato cioè verso nuove forme di auto-organizzazione. Un esempio sono i Meet up, la molteplicità di forum interconnessi al blog di Beppe Grillo, che hanno reso esplicita la potenzialità della Rete nel tradursi in azione politica. Ciò che è ancora più emblematico è il concetto di social networking territoriale che in diverse realtà s’iniziano a sperimentare, progettando piattaforme attraverso cui condividere le iniziative delle associazioni culturali, i gruppi d’acquisto solidale attenti alla filiera corta delle colture biologiche o le azioni di cittadinanza attiva (come in Piemonte con Acmos e Libera-Associazione nomi e numeri contro le mafie). Nel frattempo, negli Stati Uniti, in vista delle Presidenziali del 2008, il social networking tracima in politica, connotando la campagna elettorale con inedite conversazioni bidirezionali (sostenute in particolar modo da Barack Obama) relativizzando la comunicazione unidirezionale della propaganda politica tradizionale. C’è poi chi parla già di Web 3.0 (formuletta che tende però a svalutare l’intero gioco dei neologismi, utili nell’usare parole nuove per eventi nuovi) ma non è altro che il rilancio del cosiddetto web semantico, molto ragionevole perché tende a risistemare il grande flusso indistinto del blogging e dei social network ma che dopotutto è già ben attuato dalle diverse pratiche di social tagging, inteso come straordinaria pratica di condivisione delle parole chiave (tag). Molto più pertinente rispetto a questa nostra ricognizione sulle applicazioni web che avranno più successo nel 2008 è certamente quella che riguarda l’estensione verso la telefonia mobile, in cui si stanno diffondendo a macchia d’olio i social network, basati su photo e video sharing. Si parla già di tariffe flat per poter accedere a YouTube e ad altri videoblog predisposti dalle tante telecom. Ma il colpo vero sarà dato dal lancio della rete Hsupa (High speed uplink packet access), che offrirà una banda larga ottimale per l’upload (attraverso cui pubblicare on line i propri video) e sancire così il lancio del web 2.0 via mobile.
Il 2008 è poi l’anno delle Olimpiadi in Cina e già si sente il clangore dei firewall antipirateria, dando sfogo al business della sicurezza informatica. Le “sentinelle” del Websense Security Labs, annunciano che le Olimpiadi di Pechino raggiungeranno un picco altissimo di attacchi online e sostengono che proprio le dinamiche partecipative del web 2.0 si riveleranno come le maglie larghe attraverso cui si registreranno le intrusioni. È opportuno a questo punto affermare che non è tanto l’hackerismo a rappresentare l’insidia ma la paranoia del controllo totale. Non c’è dubbio, la battaglia politica si estende sempre più nel web. È questa la vera novità del 2008. Non resta che stare all’erta, stare dentro le cose, per fare in modo che la rete possa diventare uno spazio pubblico.
mercoledì 26 dicembre 2007
il web al popolo, articolo di carlo infante su left in edicola fino al 4 gennaio 2008
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